Freelance dei media: perché essere pagati (il giusto) per il lavoro svolto è una pratica così difficile?

Essere pagati il giusto? Sembra sempre così difficile. Lavorare nel mondo dei media non è per nulla un hobby! Eppure essere un freelance significa molto spesso dover convivere con il dramma della sottoretribuzione e con una mancanza quasi totale di tutele. E ACTA lo sa.

La trafila è quasi sempre la stessa per diventare un giornalista: si inizia a collaborare con qualche redazione e/o con qualche agenzia. Si sperimenta, ci si mette alla prova con se stessi e, in particolar modo, con coloro che sin da subito ti chiedono di lavorare gratis in cambio di visibilità o di contratti che però non arrivavano mai

E nonostante lo sfruttamento nel mondo della comunicazione e dell’informazione abbia ormai raggiunto picchi inaccettabili, gli incarichi sottopagati e la precarietà dei rapporti di lavoro continuano a resistere. Una condizione comune a fin troppi addetti ai lavoro che si ritrovano a vivere al limite della sussistenza, con trattamenti a dir poco ridicoli, ma che rappresentano, a volte, l’unica prospettiva in un panorama ormai privo, anzi completamente arido di opportunità.

Per capire meglio la situazione abbiamo intervistato Antonio Piemontese uno tra i fondatori di Acta media, gruppo che raccoglie giornalisti e comunicatori freelance, costola di ACTA – Associazione Consulenti Del Terziario Avanzato.

Qual è la situazione dei freelance dei media?

Con la pandemia abbiamo assistito sia ad una grande richiesta dei contenuti ma anche ad una drastica riduzione budget pubblicitari. E tutto questo non ha fatto altro che peggiorare una condizione di per sé già drammaticamente precaria per i freelance del mondo della comunicazione. Essere freelance nel mondo dei media è una condizione sempre più diffusa, e il precariato non è un’eccezione anzi è molto spesso la regola“.

E continua: “Online sono tanti gli annunci che promettono un tesserino da pubblicista, senza proferir parola sulla retribuzione. Diverse testate promettono compensi anche di un solo euro per articoli di 10mila battute”.

Per non parlare degli annunci di lavoro per ricercare altre figure professionali, quali: social media manager, content manager, esperti di marketing e consulenti editoriali, addetti stampa…ai quali vengono sempre più spesso prospettati stage, tirocini, rimborsi spese e, in alcuni casi, persino buone possibilità di crescita.

Quali sono le problematiche connesse al lavoro come freelance?

Una delle principali criticità è la difficoltà di avere un’equa retribuzione. A questo si aggiunge un altro particolare aspetto: la contrattazione tra il freelance e il datore di lavoro, e non sempre facile riuscire a trovare il giusto equilibrio tra i due poli. In particolar modo, il singolo non deve temere di esporre il suo punto di vista, ma soprattutto non deve mettere all’asta la propria professionalità, giocando al ribasso, accontentandosi così di una retribuzione che non sia in linea con il proprio lavoro“.

Quali sono gli errori da non compiere quando si contratta?

“Bisognerebbe sempre cercare di mediare i punti di vista. Quello che consigliamo è che una volta raggiunto un accordo questo venga messo nero su bianco. Uno dei problemi che potrebbero nascere durante il rapporto di lavoro è sicuramente quello degli articoli non pubblicati, in questo caso una giusta contrattazione aiuterebbe ad evitare problemi futuri”.

Qual è la situazione post Covid per quanto riguarda l’area media?

C’è grande fame di contenuti da parte delle aziende e questo porta ad un certo ottimismo da parte delle professioniste e professionisti freelance del mondo dei media. Tuttavia bisogna essere cauti e vigili: il rischio è di arrivare ad un mercato peggiore di quello di partenza (o comunque anteriore al Covid). Si deve insistere sull’importanza della negoziazione e della consapevolezza del valore del proprio lavoro“.

Ed infine conclude: “Pensare di cambiare mestiere? Può essere un’alternativa estrema che va considerata. Se lavorare nel mondo della comunicazione e dell’informazione non è più sostenibile, questo rappresenta un problema per il futuro, il proprio futuro. Generalmente si ragiona sul presente senza mai considerare che il lavoro di oggi ci permetterà di aver diritto ad una pensione domani”.