Formazione professionalizzante anche all’università: forse è la volta buona

Studiare tanto, ma imparare poco. Sembra essere questo il filo conduttore dell’istruzione accademica italiana, spesso troppo teorica e proiettata solo in minima parte alla reale costruzione del futuro professionale dei suoi iscritti.

Ne avevamo già parlato qualche tempo fa, sottolineando il profondo abisso che intercorre tra il mondo universitario e quello lavorativo direttamente derivato. Già, perché tra le difficoltà di inserimento dei neolaureati nei contesti aziendali c’è proprio la mancanza di competenze sviluppate sul campo. E allora, al grido di “meno nozioni, più ore dedicate all’apprendimento pratico dei mestieri”, da dove partire per invertire la rotta?

Passi importanti se ne stanno facendo. Il 30 novembre la ministra Valeria Fedeli ha firmato il decreto ministeriale che segna la nascita delle lauree professionalizzanti, in vigore dal prossimo anno accademico. Risultato finale di un lavoro svolto nei mesi scorsi da una Cabina di regia da lei convocata, e coordinata dal sottosegretario Gabriele Toccafondi. Il Decreto riguarderà l’istituzione di nuovi percorsi triennali pensati appositamente per chi intenda proseguire gli studi all’università, dopo il diploma in un Istituto tecnico superiore.

Progettati per esserne la naturale prosecuzione accademica, questi, consentirebbero agli studenti una specializzazione maggiore, da conseguire di pari passo con una full immersion negli ambienti lavorativi. L’idea è di creare un legame concreto tra atenei e ordini professionali, coordinandosi con questi ultimi per attivare piani di studio specifici e sottoscrivendo partenariati, convenzioni e tirocini a stretto contatto con le imprese.

Si partirà nell’ottobre 2018 a Bologna e alla Federico II di Napoli con meccatronica, a Udine con tecnica edilizia e a Bolzano con un corso in ambito agroalimentare. Anche in assenza di alcuni requisiti, le strutture potranno ampliare la propria offerta formativa, ma solo qualora gli indicatori di sostenibilità economico-finanziaria risultassero positivi. Le università, inoltre, potranno avviare al massimo un corso di laurea professionalizzante l’anno, da erogare in modalità tradizionale e, dunque, non on line.

Secondo la ministra Fedeli, “con l’avvio delle lauree professionalizzanti e la loro armonizzazione con l’offerta degli Its, il nostro Paese si dota finalmente di un proprio modello di formazione terziaria professionalizzante. Una risposta alla necessità espressa dalle nostre e dai nostri giovani di potersi qualificare rapidamente e anche alla domanda di personale altamente formato che viene da imprese e mondo delle professioni”. Piccoli passi verso un futuro meno precario. Si spera.

di Noemi Sellitto