Ramadan e lavoro: dove non arrivano le leggi arriva il buonsenso

Se si parla di Ramadan in relazione al lavoro, ultimamente, lo si è fatto prendendo in considerazione gli atleti (e in particolar modo i calciatori) e le loro prestazioni. Ma la resistenza al mese di digiuno tocca tutti ed è certamente più ampio. Soprattutto se si fa riferimento anche a tutte le altre le fasce di lavoratrici e lavoratori.

Quest’anno è iniziato il 13 aprile e si concluderà il 13 maggio, in questo periodo viene chiesto a tutti i praticanti di astenersi dal mangiare e dal bere per tutto il periodo che va dall’alba fino al tramonto. E strettamente collegati al digiuno ci sono una serie di effetti – dalla disidratazione alla perdita di coscienza – che possono rappresentare un rischio (se non considerati) in primis per la persona (lavoratrice e lavoratore) e poi anche per l’attività lavorativa.

Parlando di lavoro e di digiuno, in questo periodo potrebbero sorgere delle problematiche correlate allo svolgimento delle mansioni quotidianamente svolte. Un rischio, infatti, potrebbe essere rappresentato da tutte quelle attività lavorative che necessitano di un grande sforzo fisico e/ o di un prolungato dispendio di energie. Non solo stanchezza e carenza di attenzione, ma attività di questo genere queste potrebbero avere delle gravi ripercussioni sulle stesse lavoratrici e lavoratori musulmani, proprio a causa del divieto di assumere non solo cibo ma anche liquidi – acqua compresa – durante tutto l’arco della giornata.

Nonostante il divieto di assumere qualunque sostanza (solida o liquida), l’I slam prevede alcuni casi in cui è possibile essere dispensati dal digiuno oppure seguire regole un pò più flessibili. Il bere acqua, ad esempio, può non essere considerato come una mancanza di rispetto dal digiuno. Si pensi all’ipotesi in cui il Ramadan cada nel periodo estivo (seguendo il calendario lunare non cade sempre nello stesso periodo): in questo caso, ad esempio, per coloro che compiono lavori pesanti all’aperto bere acqua è essenziale. 

Ma sul luogo di lavoro cosa si può fare?

Non ci sono norme a riguardo – se non quella più generica contenuta nel Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro (D.lgs 81/2008) – e in questi casi la mediazione culturale e un minimo di buon senso giocano un ruolo fondamentale. 

I datori di lavoro dovrebbero, infatti, verificare chi dei propri lavoratori segue il Ramadan e segnalarli al medico competente per ragioni di controllo. Altre regole di buon senso sarebbero quelle di predisporre un piano di lavoro che tenga in considerazione il digiuno degli impiegati, favorendo dei momenti di recupero oppure predisponendo delle misure di supporto in caso di malore.