No salario minimo? No contratto!

Il salario minimo in Italia, al di fuori dei contratti collettivi nazionali, è una figura mitologica, che si aggira tra le aule del Parlamento in attesa che qualcuno si degni di renderlo da mitologica a reale.  Ma come spesso accade per quanto riguarda le norme, quello che in un paese è cosa rara e preziosa in altri è la regola, e questo è ciò che accade per il salario minimo.

Nel Regno Unito vige il National living wage, che pone un minimo salariale al di sotto del quale non si può andare. Il National living wage si applica su tutto il suolo britannico, quindi non sussiste differenza tra lavoro pubblico o privato, attualmente è pari a 8,91 sterline l’ora, circa 10,28 euro. La legge di Sua Maestà però non si dimentica dei minori di 23 anni, infatti per questi è stato istituito il National minimum wage.  Attualmente chi ha dai 23 anni in ha un salario minimo fissato in 8,91 sterline, circa 10,36 euro, mentre per i minori di 23 anni si passa dalle 4,62 sterline, circa 5,37 euro, per i minori di 18 anni, alle 8,36 sterline, circa 9,72 euro, per coloro che hanno tra i 22 e i 21 anni.

Ma che succede se qualcuno stipula un contratto con una retribuzione al di sotto del minimo? In questo caso il contratto non è valido, il lavoratore potrebbe lasciare l’incarico senza strascichi legali.

Ma altrove com’è la situazione? 

Non si deve andare molto lontano per vedere una normativa in materia, in quanto basta oltrepassare La Manica e giungere in Francia.  È dagli anni 50 che all’ombra della Tour Eiffel esiste la “Salaire Minimum Interprofessionnel de Croissance“, che prevede un lordo di 10.25 euro all’ora. Il minimo salariale viene applicato anche al lavoro domestico, in questo caso però l’importo non è a carico del solo datore di lavoro ma lo Stato partecipa direttamente con diversi strumenti, come ad esempio il credito d’imposta, o la deduzione del costo dei contributi.

E da noi?

Semplicemente non esiste una norma che lo regola, e per essere più precisi il salario minimo è regolato solamente dai contratti collettivi nazionali per categorie di lavoratori, ciò significa che ad esempio i Rider, per cui al momento non esiste un contratto collettivo nazionale, devono affidarsi alla trattativa tra datore e dipendente.