Mezzogiorno di fuoco: il Pil cresce, l’occupazione no

La ripresa si consolida. Il Mezzogiorno è uscito dalla “lunga recessione”. La dinamica di questi anni ci parla di un Sud “reattivo” – non un vuoto a perdere, come qualcuno penserebbe – e che nel biennio scorso ha contributo alla crescita del PIL nazionale per circa un terzo.

Se il consolidamento della ripresa del Sud suggerisce che la crisi non abbia minato la capacità delle regioni meridionali di rimanere agganciate allo sviluppo del resto del Paese e dell’Europa, tuttavia, il ritmo della congiuntura appare del tutto insufficiente ad affrontare le emergenze sociali nell’area, che restano allarmanti. L’occupazione è ripartita ma con un tasso di occupazione che è il peggiore d’Europa (di quasi 35 punti percentuali inferiore alla media UE a 28).

Dopo sette anni di Recessione, i segnali di ripresa sono visibili. La ripresa c’è, l’occupazione cresce, ma nel frattempo la qualità e la struttura stessa dell’occupazione sono cambiate. A dirlo è l’Associazione per lo sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno. All’interno del Rapporto Svimez 2017, emerge come in questi ultimi tempi, sia avvenuta una profonda ridefinizione dell’occupazione, sempre più caratterizzata da una bassa retribuzione.

All’estromissione dei giovani dal mondo del lavoro si accompagnerebbe, infatti, un’esplosione degli occupati a tempo parziale. Un part time involontario quello che, nato con la crisi, continuerebbe la sua inarrestabile ascesa anche durante la ripresa di questi ultimi tempi. Non una libera scelta del lavoratore, ma il progressivo adattamento ad una condizione che non lascerebbe alternative. L’accettazione di contratti a tempo parziale, così come di quelli a termine, deriverebbe dalla ormai conclamata carenza, rispettivamente, di contratti a tempo pieno e a tempo indeterminato.

Intanto il Mezzogiorno continuerebbe ad essere terra d’emigrazione. Un’emigrazione che, come sottolineato anche all’interno del Rapporto Svimez, si tratterebbe di una emigrazione“selettiva”, o meglio di qualità. Negli ultimi 15 anni, il Sud avrebbe infatti perso ben 200 mila laureati. La conseguenza diretta dal trasferimento di forza lavoro qualificata? Un enorme, oltre che gravissimo, danno per il Sud, in termini di competitività e di produttività.

E a differenza di quanto si potrebbe pensar, o addirittura immaginare, il Sud starebbe soffrendo anche in un settore, assai delicato, come quello della Pubblica Amministrazione. Secondo la SVIMEZ, a dispetto dei luoghi comuni che vorrebbero un Meridione completamente inondato di dipendenti pubblici, ci sarebbe, invece, un forte ridimensionamento della P.A.: circa 21.500 dipendenti in meno rispetto al 2011. Un vuoto, che andrebbe colmato eliminando l’attuale blocco delle assunzioni, permettendo così, all’intera macchina pubblica di acquisire maggiore efficienza attraverso un personale più giovane e qualificato.