Il lavoro precario danneggia gravemente te, e chi ti sta intorno

Siamo tutti d’accordo: “Il lavoro precario uccide”. Ne sono convinti sia il Pontefice che il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni. E con loro anche una sfilza di lavoratori e lavoratrici, in particolar modo giovani, che conducono una vita a tempo determinato.

Il lavoro precario uccide. Uccide l’uomo e la donna. Li colpisce nella loro dignità. Ne calpesta i sogni e le aspettative, cancellando ogni speranza. Mancanza di garanzie e continua incertezza non fanno altro che generare un grave disagio psicologico. Stress, ansia, insonnia, disistima e, in molti casi, depressione sono solo alcuni dei sintomi più ricorrenti di chi si trova a barcamenarsi tra lavori in nero e contratti a tempo determinato.

Il lavoro precario, così come il lavoro in nero, uccidono lo sviluppo. Minano la società. Rallentano la crescita di una nazione, lasciando alle nuove generazioni il prezzo più alto da pagare: un futuro incerto, tale da scoraggiare qualsivoglia progetto a lungo termine. Come si può gestire autonomamente la propria vita, se la precarietà e l’assenza di un contratto di lavoro ufficiale, contraddistinguano ancora oggi il mercato del lavoro in Italia?

Avvalersi di prestazioni professionali e/o lavorative di un lavoratore, senza riconoscere a quest’ultimo alcuna copertura previdenziale, garanzia e tutela previste dalla legge – senza pagare neppure le imposte, anche esse previste per legge – è ancora la norma. E a cadere in questa trappola sono soprattutto i giovani, i più deboli e i più ricattabili, che molto spesso, pur di lavorare, si trovano costretti ad accettare forme di lavoro irregolare.

Tirare avanti così, oppure affidandosi a tirocini, stage o continui rinnovi dei contratti di lavoro a tempo determinato, è faticoso, è improduttivo e professionalmente frustrante. Ed economicamente impossibile.

Ancora oggi, circa un italiano su quattro afferma di sentirsi “abbastanza” (21,2%) e “molto” (3%) povero. Questo è quanto emerge dal Rapporto Italia 2017 dell’Eurispes. Si sprofonda nella povertà a causa della perdita del lavoro (76,7%), e molti – per tirare avanti – hanno dovuto mettere in atto strategie anti-crisi, come tornare a casa dai genitori (13,8%), farsi aiutare da loro economicamente (32,6%) o nella cura dei figli per non dover pagare nidi privati o baby sitter (23%).

Una situazione insostenibile, che necessita, immediatamente di un cambiamento.