La cultura dell’innovazione secondo Gianni Potti: dalla formazione al mondo del lavoro

Il progresso tecnologico incalza. E il mondo del lavoro cambia. Si evolve, attraverso la nascita di nuove professioni e la trasformazione – se non addirittura l’obsolescenza – di altre. Una rivoluzione, quella attualmente in atto, che si sta facendo portatrice di uno sconvolgimento totale e totalizzante, che pretende nuove conoscenze, nuove competenze e nuove attitudini. Una rivoluzione che individua, nell’adesione alla cultura dell’innovazione, l’unica forza propulsiva in grado di trainare verso il progresso la società.

Nell’arco di pochissimi anni il mondo del lavoro si è, infatti, completamente rivoluzionato. L’innovazione e il progresso tecnologico richiedono nuove skills per poter competere e rimanere rilevanti nel mercato del lavoro. Ma si sa, le innovazioni presumono collaborazione. Una collaborazione che, come sottolineato da Gianni Potti, Gianni Potti, presidente CNCT (Confindustria servizi innovativi e tecnologici) e già cofounder di Talent Garden Padova e Digital Magics Triveneto, deve interessare il sistema nazionale di istruzione e il mondo del lavoro.

Essere al passo con i tempi è senza dubbio difficile, ma non impossibile. E per riuscire a comprendere il nuovo paradigma economico, sociale e soprattutto occupazionale, è necessario aver maturato delle conoscenze preliminari diversificate da aggiornare costantemente. “Con la digital transformation tutto è cambiato.  Tale cambiamento deve infatti  riguardare ed interessare tanto i giovani, quanto gli stessi formatori. E tutto questo è possibile attraverso un riassetto del sistema scolastico italiano: non solo a livello universitario, ma anche per quanto riguarda le scuole superiori e medie. La sfida piu grande al giorno d’oggi è riuscire a mettere in contatto due importanti realtà: l’impresa e i giovani“.

Ma se il gap tra il mondo del lavoro e quello della formazione continua a persistere, quale potrebbe essere una soluzione? 

Credo molto nel sistema duale che usano i tedeschi, quello basato sull’alternanza scuola- lavoro. Un sistema in cui la giornata viene divisa equamente tra teoria (in aula) e pratica (in appositi percorsi all’interno delle aziende). Solo così potremmo avere ragazzi già pronti per il mercato del lavoro“.

Un’evoluzione che in realtà dovrebbe riguardare anche l’università, ancora troppo lontana dalle aspettative e dalle necessità del mondo del lavoro.

I ragazzi, ormai, si formano da soli, non esiste più solo la formazione in aula, ma anche quella autonoma che va guidata in qualche modo, o comunque ben indirizzata“.

E mentre i canali attraverso cui acquisire conoscenze si moltiplicano, il futuro è alle porte, e richiede a gran voce profili professionali che siano cultori di una formazione altamente specializzata ma, al tempo stesso, “liquida”, e cioè tale da fare fronte alle diversificate problematiche del mondo contemporaneo.

L’industria 4.0 necessita di professionisti che siano in grado di unire, alle competenze digitali, anche quelle economico-finanziarie, oltre che gestionali. Si tratta di figure professionali ibride, che il mondo del lavoro richiede per ogni campo e settore. Si tratta di un vero e proprio bisogno che, almeno per ora, l’università non è stata in grado di soddisfare a pieno“. Spiega Potti in occasione della Borsa Mediterranea della Formazione e del Lavoro, che continua: “Gli ITS possono tuttavia supplire a ciò,  colmando rapidamente il gap esistente con figure professionali altamente qualificate, di cui il sistema impresa ha realmente bisogno“.

Cosa pensa, possa far ripartire l’Italia? 

Crediamo che vi siano altre alternative al Reddito di Cittadinanza, come l’abbattimento del cuneo fiscale o una migliore gestione dei fondi messi a disposizione dall’Europa, e che l’Italia molto spesso non è in grado di intercettare“.