Numero aperto a medicina: il Re è nudo

Solo il tempo potrà dire se si tratta di una bufala mediatica, di un errore di comunicazione oppure di una verità trapelata prima del tempo. Fatto sta che il numero aperto a medicina ha scatenato un putiferio, tra favorevoli e contrari. La questione dei test di medicina ricorda molto la favola di Hans Christian Andersen “I vestiti nuovi dell’imperatore”, perché alla fine tutti plaudono all’eliminazione dei test, senza però capire che ciò porterà ad un numero spropositato di precari.

La questione di medicina presenta due fattori importanti: da una parte c’è il numero di coloro che ogni anno accedono alla facoltà, dall’altro c’è il numero dei laureati che possono accedere alle scuole di specializzazione. Dopo i 6 anni di studi un medico non può partecipare ai concorsi pubblici senza aver prima fatto una scuola di specializzazione, cioè senza prima essersi specializzato in una branca della medicina. E solo quest’anno, a fronte però di soli 6.934 posti disponibili nelle scuole di specializzazione, le nuove immatricolazioni sono state circa 10 mila , frutto della scrematura prodotta dai test d’ingresso, a cui si erano invece presentati più di 67 mila ragazzi. 

Se da un punto di vista di diritto allo studio c’è chi plaude alla notizia, resta il problema del precariato che tale apertura potrebbe andare ad aumentare.  Sorvolando sui problemi che i singoli atenei potrebbero avere con un afflusso ingente di nuove matricole, resta comunque un problema di grandi numeri.

Assicurare meno di 7 mila posti nelle scuole di specializzazione a fronte di 10 mila nuovi ingressi l’anno di nuovi studenti, è un fattore che, già di per sé, garantisce un numero variabile di precari.  Più che puntare sul numero aperto a medicina, ci si dovrebbe augurare che nel Def, vengano previsti più fondi per il potenziamento delle stesse scuole di specializzazione.

Una volta effettuato l’accesso alla scuola lo studente non è esente da pagamenti, come infatti ci ricorda Davide Masella, rappresentante degli Studenti al Senato Accademico dell’Università degli Studi di Salerno, nonché studente di medicina: “Se da una parte è vero che le scuole sono finanziate, è anche vero che noi studenti paghiamo le tasse, che dipendono dall’Isee“.

Investire nel diritto allo studio è necessario. E purtroppo in Italia, abbiamo avuto qualche difficoltà nel comprendere tale meccanismo. Ma si tratta di una scelta tanto necessaria quanto fondamentale, che tocca il futuro di tantissime matricole. Una scelta che andrebbe ponderata. Ne andrebbero compresi i possibili scenari, analizzate le criticità, al fine di prevenire già da oggi l’effetto che tali scelte potrebbero causare alle nuove generazioni di medici.

Se si decidesse di aumentare i posti a medicina, ciò dovrebbe avvenire con un adeguato aumento dei posti nelle scuole di specializzazione. Perché se è vero che i medici sono in diminuzione , non si deve pensare che il gap possa essere colmato solo aprendo le porte alle facoltà di medicina, in aule stracolme e zeppe di studenti.