Nel mondo del lavoro che vorrei: la gentilezza diventa una soft skill

Dal portare il caffè ad un collega al dare una mano a chiudere un documento urgente: sono tanti i gesti gentili che possono migliorare la qualità della vita all’interno dell’ambiente di lavoro. E sempre più italiani vedono nella gentilezza una buona abitudine che dovrebbe far parte delle soft skills di chi cerca un impiego.

Questo è quanto emerge dall’indagine condotta da InfoJobs, condotta a dicembre 2019 su un campione di 1350 rispondenti. E se per il 78% degli intervistati la gentilezza andrebbe inserita nel curriculum vitae come soft skills, per il 96% questa “buona abitudine” è in grado di incidere positivamente sulla produttività.

La gentilezza, secondo la maggior parte degli intervistati, dovrebbe essere considerata una competenza determinante in fase di selezione. Sì perché, a volte, un sorriso motiva più di mille discorsi e, soprattutto, sprona a dare di più. Per il 96% degli intervistati, infatti, la gentilezza è sinonimo di produttività, e per il 60% è addirittura un punto di forza, oltre che un elemento imprescindibile al lavoro (per il 24%).

La gentilezza a lavoro resta tuttavia un elemento che caratterizza per lo più le relazioni tra colleghi: oltre che da questi ultimi, gesti gentili sono pervenuti anche da parte di clienti/fornitori (secondo il 28%), e più difficilmente e raramente da parte del proprio capo (18%).

La vera sfida di ogni giorno è una: “ricordarsi di essere sempre disponibili verso il prossimo”. Lo sostiene da sempre il World Kindness Movement, movimento che promuove la gentilezza in tutto il mondo e a tutti i livelli, senza differenze gerarchiche.