Nati Precari On The Road: a Londra un Sous Chef, made in Sud

Nell’uggiosa e dinamica Londra, incontriamo Emanuele Gaeta. Salernitano doc che, subito dopo aver conseguito il diploma, senza pensarci due volte, fa le valige e parte alla volta della capitale inglese. Una nuova vita, che inizia all’incirca quattro anni fa, quando – nell’agosto del 2013 – Emanuele a pochi mesi dalla fine della scuola, decide di mettere finalmente a frutto i sacrifici fatti fino a quel momento, emigrando nel Regno Unito per poter intraprendere la carriera di chef. Oggi è Sous Chef al The Lighterman, e ci racconta la sua avventura fuori dai confini nazionali.

Come è stato l’impatto con questa nuova realtà? “Non facilissimo, almeno all’inizio. Devi entrare in sintonia con i loro ritmi. Veloci, frenetici. Per quanto riguarda il meteo, poi, non è dei migliori. A volte, capita di non vedere il sole per 4 o 5 giorni”.

Quali sono le difficoltà che hai incontrato non appena ti sei trasferito? “La prima difficoltà è stata la lingua. Piccolo scoglio iniziale che, con un po’ di buona volontà, si supera tranquillamente. Trovandoti immerso in questa realtà – lavorando, entrando in relazione con fornitori, colleghi e coinquilini – non puoi fare altrimenti, e per forza di cose ti trovi ad ampliare, giorno dopo giorno, le tue conoscenze linguistiche”.

Giunto a Londra. Quali sono state le prime cose di cui ti sei occupato? Appena sono arrivato mi sono dovuto occupare del NIN – National Insurance Number – senza cui non è possibile pagare le tasse. Dopo il NIN, ho dovuto aprire un conto in banca. Ed è su queste basi che è iniziato il mio nuovo cammino”.

Come è cambiata la tua vita da quando ti sei trasferito? “Sono maturato tantissimo. E ormai, anche i miei ritmi di vita si sono adattati a questi londinesi. Inoltre, qui svolgo un lavoro che è in linea con le mie aspettative, oltre che con i miei studi, e sta contribuendo enormemente alla mia formazione professionale. Mi piace molto e sono davvero soddisfatto! In Italia, avevo già avuto modo di fare esperienza nel campo della ristorazione. Ho fatto diversi stage, tutti positivi, ma subito capii che, se avessi voluto far carriera e aver la possibilità di crescere e di sperimentare, sarei dovuto andarmene. In Italia, infatti, la meritocrazia ancora non vale. E in un ambiente, come quello della ristorazione, le vecchie gerarchie rendono impossibile ad un giovane 20enne di farsi spazio”.

Quando ti sei trasferito, è stato facile trovare lavoro lì? Due giorni dopo il mio trasferimento ero già pronto per lavorare in un ristorante italiano nei pressi di Victoria Station. Da allora sono seguiti altri lavori, sempre nel campo della ristorazione, sempre retribuiti e con contratto. E, da novembre 2013 ho un contratto a tempo indeterminato”.

C’è qualcosa che ti manca dell’Italia? Se ci pensi ti fa male..ti manca una parte di te, ti mancano i tuoi cari le semplici abitudini della domenica!”

Ora che progetti hai? In futuro spero ci sia la possibilità di aprire un ristorante tutto mio. Mi farebbe piacere riuscirci in Italia..ma la vedo dura!”

Quale consiglio daresti ad un tuo coetaneo? Ragazzi fissatevi degli obbiettivi reali e non abbiate paura di lasciare il vostro Paese. C‘è un mondo intero lì fuori che vi aspetta! Abbiate il coraggio di fare le vostre esperienze e viaggiate!”.