Meglio chiudere tutto nel sacchetto!

Vorrei essere una mela. O, forse, un’arancia. O, perché no, un grappolo di succosa uva. Di certo non vorrei essere un ragazzo/a, laureato/a con ancora troppi sogni e speranze da non poter – pur volendo – chiuderle in un sacchetto.

L’indignazione corre veloce sui social network. Iniziano delle vere e proprie diatribe. Non si parla d’altro. Il malcontento diventa così diffuso da non sfuggire neppure ai media più tradizionali. Alla radice del problema che, in questi giorni attanaglierebbe milioni di italiani, vi sarebbe un semplice ed innocente sacchetto biodegradabile e compostabile. E, infatti, sarebbe proprio il costo dei sacchetti per la frutta e la verdura – che si aggirerebbe intorno ai 0,02 ad un max di 0,05 centesimi di euro – a rendere insonni le notti di tantissimi italiani.

Ed è vedendo tutto il marasma che tutta questa faccenda ha prodotto, ed il clamore che è riuscita a sollevare, che mi verrebbe da dire: “Vorrei essere una mela per potermi vantare davanti ai miei coetanei di un Paese che si preoccupa di me. Che discute animatamente del mio futuro. Meglio nascere frutto o ortaggio perché solo così il popolo è in rivolta, poco importa degli aumenti di luce, gas e autostrade, oppure della mancanza di opportunità per le nuove generazioni. L’Italia finalmente si scuote. Il Paese è in rivolta. Ma per che cosa? Per un sacchetto di plastica.

Il paradosso tutto italiano è riassunto in poche righe, lamentarsi contro un sacchetto sì, lamentarsi per i posti di lavoro e aumenti vari no! Scegliamo di combattere o di far sentire la nostra voce per i motivi più futili. Facendo fronte comune solo quando la strada è in discesa e il cammino poco impervio. Per poi, comunque, non risolvere nulla.

Ma in fondo un sacchetto incide sulle nostre vite, e soprattutto sul nostro portafogli, più di quanto possano fare gli stage non retribuiti, i fast jobs, i rimborsi spese inesistenti così come le opportunità lavorative per i giovani laureati… Il vero problema per l’Italia non è la disoccupazione giovanile, il precariato: questi non si vedono, non si sentono. A parte quando, a causa degli scioperi, le città diventano intasate e i disservizi aumentano. Meglio, quindi, protestare per una zucchina o per un mandarino, e non per le difficoltà a cui sicuramente un figlio, un nipote, un amico, andrà incontro per potersi realizzare professionalmente.

Quanto ci costerà pagare quegli 0,02 centesimi in più al supermercato. Poco importa se gli addetti alla vendita di quel esercizio, aperto la domenica, e forse anche 24h su 24, abbiano un contratto o meno, se questo gli venga o meno rinnovato. Tanto quelli sono lì per lavorare!

Vorrei tanto essere una mela…