Medicina: tra formazione, lavoro e precariato

Nel nostro immaginario il medico viene spesso considerato come un lavoro “sicuro”, contraddistinto da opportunità professionali oltre che da garanzie economiche. Ma negli anni, la medicina è cambiata. I tagli alla Sanità e una non proprio efficiente gestione del percorso formativo – in particolar modo delle attività formative professionalizzanti- non hanno fatto altro che aumentare il bacino dei precari. 

Abbiamo deciso di fare quattro chiacchiere con Davide Masella, Senatore Accademico presso Università degli Studi di Salerno per capirne qualcosa in più!

Negli ultimi giorni non si fa altro che parlare dell’abolizione del numero chiuso. Un bene o un male?

C’è poco da girarci intorno: per come è stato impostato il discorso è senza dubbio un male! Mi verrebbe da definirlo uno slogan da campagna elettorale. Ho sentito esponenti del Governo giustificare questo punto del programma con la famosa “carenza di medici nei reparti” ma, in realtà, si tratta di un provvedimento che non farebbe altro che peggiorare le cose. Si può discutere riguardo al metodo di selezione, ma il numero chiuso tanto demonizzato non può venir meno, soprattutto se si vuole tutelare la qualità della formazione del medico e la salute dei futuri pazienti”.

Quali potrebbero essere le problematiche o i vantaggi derivanti da questa abolizione?

Ogni anno migliaia di medici neolaureati, e non, restano fuori dalle scuole di specializzazione e sono costretti a riprovare l’anno dopo. L’intervento del Governo, come da noi richiesto anche in Consiglio Nazionale, dovrebbe essere focalizzato su un aumento delle borse di specializzazione, riducendo l’enorme divario tra laurea e specializzazione. Altre problematiche riguarderebbero l’aspetto formativo: già ora il sistema dei tirocini è saturo, col numero aperto salterebbe tutto e, questo, non è accettabile! Un medico non si laurea semplicemente studiando ma stando tra i reparti e “toccando con mano” i pazienti”.

Cosa spinge ancora oggi, così tanti ragazzi a intraprendere questo percorso di studi? La visione del dottore come di un professionista arrivato, il quale “troverà immediatamente un posto di lavoro, ben retribuito …” è ancora parte dell’immaginario comune?

In parte sì. Più in generale l’intero settore sanitario viene visto come un “settore sicuro” e con molti meno rischi rispetto ad altri. E tutto questo si è tradotto, per quanto riguarda la facoltà di di Medicina e Chirurgia, in 70.000 candidati per circa 9.000 posti. Per non parlare di Fisioterapia, dove ne entra addirittura 1 su 10”.

Ma la verità è ancora questa?

Si e no. Il settore sanitario è senza dubbio tra quelli che offrono più possibilità lavorative. Nonostante ciò, la disoccupazione esiste anche in questo settore, ed è comunque necessario che si intervenga il prima possibile per facilitare l’ingresso nel mondo del lavoro di tutti i medici neolaureati, evitando che questi dati peggiorino ulteriormente”.

Per quanto riguarda l’abilitazione medica – il Miur ha proposto una riforma del percorso formativo, basata su un’anticipazione del tirocinio – che verrebbe svolto durante il corso degli studi universitari, e non più successivamente ad esso -, e su una nuova tipologia di esame di Stato.

Potrebbe essere questa una giusta soluzione?

La laurea abilitante senza dubbio accorcerebbe i tempi per l’abilitazione. Non appena laureato, lo studente potrebbe sin da subito dedicarsi alla preparazione del concorso per le scuole di specializzazione. Il problema riguarderebbe i tirocini abilitanti: questi, andrebbero di sicuro a gravare sulla parte finale del percorso di studi, insieme ai corsi, all’internato e ai tirocini curricolari. La prima seduta della cosiddetta laurea abilitante sarà luglio 2020 e vedrà proprio noi iscritti nell’anno accademico 2014/15 come i primi a sperimentarla”.

La carenza di posti disponibili all’interno delle scuole di specializzazione – così come delle borse di studio – non fa altro che negare, ogni anno, a tantissimi laureati la possibilità di concludere il proprio percorso formativo e professionale. Come si potrebbe sanare questo gap? Andare all’estero, potrebbe essere una soluzione?

Andare all’Estero è certamente una soluzione, ma è da considerare una sconfitta per il Paese. Mi è capitato più volte di leggere su diversi giornali di paesi come la Svizzera che stanno attirando tantissimi neolaureati in medicina con stipendi molto più alti, ovviamente facendoli specializzare lì. Anche in Francia, Inghilterra e Germania si riscontra un notevole flusso di medici italiani neolaureati in entrata, del resto la formazione medica italiana è valorizzata all’Estero. La vera soluzione è un intervento concreto del Governo, noi per quanto è nelle nostre possibilità continueremo, in organi nazionali come il CNSU o il CUN, a batterci per questo”.