Inps, aumentano le assunzioni ma cambiano i contratti

Piatto del giorno: 4.181.502 assunzioni. E per tutti i buongustai, lo chef consiglia un aumento occupazionale servito da una buona dose di contratti a tempo determinato.

L’Inps parla, chiaro: nei primi sette mesi del 2017, nel settore privato (esclusi i lavoratori domestici e gli operai agricoli) e degli Enti pubblici economici, si è registrato un aumento del 18,5% delle assunzioni. Un traguardo positivo, se non fosse per un piccolo particolare. Dopo un’attenta analisi dei dati pubblicati dall’Istituto Nazionale Previdenza Sociale, emerge un quadro angosciante dell’attuale condizione lavorativa italiana.

Secondo quanto analizzato dall’Osservatorio sul Precariato, nell’arco di tempo che intercorre tra gennaio e luglio, infatti, si è avuta una forte crescita delle assunzioni, rispetto a quella registrata negli scorsi anni. Finalmente una buona notizia. E invece, no! Se il dato relativo all’aumento delle assunzioni lascia ben sperare, l’elemento più allarmante è dato dalla tipologia dei contratti applicati.

L’analisi dell’Inps rivela come, all’interno di questo aumento delle assunzioni, il maggior contributo provenga dalle assunzioni a tempo determinato (+25,9%) e dall’apprendistato (+25,9%). Mentre i contratti a tempo indeterminato registrerebbero, addirittura, un calo (-4,6% ) rispetto al 2016.

E se lo sconforto è direttamente proporzionale all’aumento dei contratti a tempo determinato, questo senso di profonda amarezza ed abbattimento potrebbe addirittura peggiorare se si considera – sempre nell’arco temporale di gennaio – luglio 2017 – il significativo incremento dei contratti di somministrazione (+20,4%) e, ancora di più, quello dei contratti di lavoro a chiamata (+124,7%).

Un futuro più certo? Un miraggio, e nient’altro! Su 4.181.502 lavoratori, solo 731.681 sono gli assunti a tempo indeterminato, mentre ben 3.449.821 sono le assunzioni a tempo determinato. In questi 3 milioni, rientrano ben 167.834 contratti di apprendistato e 500.531 contratti stagionali.

Sempre secondo l’Osservatorio sul Precariato, questo significativo aumento dei contratti a tempo determinato andrebbe posto in relazione alla necessità delle imprese di ricorrere a strumenti contrattuali sostitutivi dei voucher. Uno strumento normativo – dapprima cancellato dal legislatore, e poi riattivato con profonde modifiche nel mese di luglio – nato per combattere il lavoro nero e per tutelare i lavoratori ma che, con il passare del tempo, ha raggiunto un risultato completamente opposto, andando persino a sostituire i regolari contratti di lavoro.

L’aspetto positivo risiederebbe nell’impiego maggiore di contratti di somministrazione, rispetto agli stessi voucher, permettendo al lavoratore in questione di ottenere un’indennità di disponibilità che, a sua volta, concorrerebbe alla formazione dell’anzianità contributiva, utile ai fini del diritto e della misura della pensione.