Giornalisti: i nuovi servi della gleba

Italia: il Medioevo è ora. Se un tempo i servi della gleba coltivavano campi per i padroni dei fondi, ora invece ci sono i giornalisti che “arano”, con le loro parole, fogli bianchi di editori e direttori di giornali.

Da giornalisti a servi della gleba, il passo è breve. Sono chiare e senza giri di parole le affermazioni di Nicola Marini, Presidente Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti: “La situazione dell’editoria è devastante, con la chiusura di nuove redazioni: ormai il 65% degli iscritti è precario o disoccupato. Otto su dieci hanno un reddito intorno ai 10 mila euro, quindi sotto la soglia di povertà”.

Le parole del Presidente assumono toni ancora più nefasti, se si considera che non sono conteggiati i praticanti – cioè coloro che mirano a diventare giornalisti – le cui condizioni a volte, sono perfino al di fuori della legalità.

Per non parlare dei collaboratori – molto spesso giornalisti pubblicisti – che nella quasi totalità dei casi, dopo una lunga e sofferta gavetta, si ritrovano con un pugno di mosche in mano. Senza un qualsvoglia tipo di contratto.

Il problema può essere considerato, tenendo conto di due punti aspetti differenti:

  • da una parte quello inerente la norma sull’equo compenso, cioè il prezzo per ogni singolo articolo,

  • dall’altra la normativa contenuta all’interno del Contratto Nazionale del Lavoro giornalistico.

Qualsiasi scegliate di approfondire la questione, purtroppo la questione non cambia.

Guardando all’equo compenso, si dovranno spulciare le diverse sentenze tra Tar e Consiglio di Stato per avere un quadro completo. L’ultima sentenza del Consiglio di Stato – che risale a marzo del 2016 – ha di fatto annullato la normativa che prevedeva un compenso di 20,83 euro al pezzo, affidando la retribuzione in tutto e per tutto agli editori e direttori.

Partendo da quanto descritto all’interno del Contratto Nazionale del Lavoro giornalistico, si leggono somme – aggiornate al 2013 – che solo in pochi casi possono essere guadagnate. Molto spesso, tali somme, come la possibilità di essere effettivamente retribuiti, resta solo e soltanto un miraggio.

“L’assunzione” a titolo gratuito va anche contro il Testo Unico dei giornalisti, in cui, tramite la recezione della Carta di Firenze, si afferma che :

L’Ordine dei Giornalisti e la Fnsi, alla luce di quanto esposto in premessa, nell’ambito delle loro competenze, vigileranno affinché:

sia garantita a tutti i giornalisti, siano essi lavoratori dipendenti o autonomi, un’equa retribuzione che permetta al giornalista e ai suoi familiari un’esistenza libera e dignitosa, secondo quanto previsto dal dettato costituzionale;

[…]

vengano rispettati i limiti di legge e di contratto previsti per l’impego di stagisti o tirocinanti“.

In conclusione, non resta che appellarci al buon cuore degli iscritti all’Ordine, i quali sarebbero tenuti ad “...impegnarsi affinché il lavoro commissionato sia retribuito anche se non pubblicato o trasmesso”.