C’era una volta e ora non c’è più: breve storia triste del lavoro a tempo indeterminato

C’era una volta il lavoro stabile, quello dello stipendio ogni 27 del mese. Quello del cartellino da timbrare, dei 15 giorni di ferie in estate e degli scatti d’anzianità.

C’era una volta…! Eh già, perché ormai il mondo del lavoro è cambiato in modo drastico. Nonostante, in alcuni casi, il turn over dovrebbe essere considerato necessario, i concorsi pubblici – quelli del “posto fisso”, tanto agognato da Checco Zalone – tardano ad arrivare. Ormai si vive a tempo determinato! Date la colpa alla crisi del 2008, al boom delle tecnologie oppure più semplicemente – citando un’ex Ministra- al fatto che i giovani siano “choosy”: ma il mercato del lavoro è cambiato!

Ma siamo davvero consapevoli di questo cambiamento?

La risposta sembra essere: No! Basti pensare alla campagna elettorale da poco conclusasi, in cui alla voce “lavoro” non sia seguita, se non per alcuni casi e in maniera assolutamente blanda, una proposta fattiva che ponesse argine ad una disoccupazione giovanile ed un precariato dilaganti.  Dando un’occhiata, poi, ai report trimestrali dell’Istat si nota subito che, negli ultimi tempi, al ridursi dei contratti a tempo indeterminato, sia seguito un aumento considerevole di quelli a termine.

E intanto, sulle prime pagine dei giornali, sembra essere il contrario. Sebbene l’Italia sia ormai fuori pericolo, fuori dalla crisi, le condizioni di salute del Paese sembrano tutt’altro che perfette. Pur ignorando l’articolo 18 –  vero e proprio spauracchio dell’ex premier Renzi -, l’occupazione è diventata sempre più instabile. E capita sempre più spesso che un imprenditore o chicchessia, prima di assumere, grazie alle innumerevoli soluzioni o escamotage degli ultimi tempi – come Garanzia Giovani – riesca a trovare, sempre più facilmente, un lavoratore ad un costo sempre più ridotto. Si noti bene non si vuol in nessun modo affermare o sottintendere che chi assuma froda la legge, ma solo che si cerca la forma di lavoro più congeniale per pagare meno tasse sul lavoro.

La crisi del 2008, comunque, non è l’unica colpevole. Diversi governi, con la speranza di arginare la crisi ed i suoi effetti, hanno posto in essere manovre che, col tempo si sono rivelate sbagliate. Ad esempio, gli incentivi alla decontribuzione per l’assunzione a tempo determinato, se nell’immediato hanno prodotto gli effetti sperati, col tempo, si sono rivelati fallimentari.

Nonostante i dati, si continua a gridare all’aumento dei posti di lavoro, sebbene ad aumentare siano solamente i posti a tempo determinato. La soluzione? Non limitarsi a leggere i titoli acchiappa like delle testate giornalistiche, ma rifarsi direttamente alle fonti, o meglio ai report trimestrali, pubblicati dell’Istat in cui vengono evidenziati i diversi flussi che caratterizzano il mercato del lavoro in Italia.