Cambio di marcia con Draghi sul Recovery Plan? Possibile! Speriamo che qualcuno si ricordi dei giovani

Un cambio di marcia sul Recovery Plan? Possibile! L’ipotesi? Più investimenti per una ripresa che passa – doverosamente e necessariamente – anche per i giovani.

Più spesa per la sanità, più investimenti per la ripresa. Una ripresa che, come già detto in precedenza, passa attraverso le imprese ma soprattutto attraverso i suoi giovani: vittime di una pandemia che ha inflitto l’ennesimo colpo ad un un segmento della società già profondamente in crisi. Sembrerebbero, dunque, queste le priorità del premier in pectore Mario Draghi che, dopo aver accettato l’incarico di formare un nuovo esecutivo, si concentrerà sul Recovery Plan.

Il Recovery Plan italiano (PNRR – Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) è il documento con cui il Governo Conte ha tracciato gli interventi da realizzare con i fondi europei del Next Generation EU, attingendo al Recovery Fund. Il PNRR, approvato dal Consiglio dei Ministri il 12 gennaio 2021, risulta diviso in 6 macro aree di intervento.

In tutto si tratta di quasi 224 miliardi di euro (circa 209 miliardi dal Recovery and Resilience Facility e 14 miliardi dal fondo ReactEu), che riceveremo entro il 2026, e che il precedente governo aveva così suddiviso: circa 47 miliardi per la digitalizzazione e cultura; 69 miliardi per la rivoluzione verde; 32 miliardi per le infrastrutture; 29 miliardi per l’istruzione; 28 miliardi per l’inclusione e la coesione (lavoro, famiglia, politiche sociali) e circa 20 miliardi per la salute.

Proprio in questa, nell’ultima bozza messa a punto il mese scorso, le risorse previste per il lavoro ammontavano a 12,62 miliardi euro, di cui 7,5 per “politiche attive del lavoro e sostegno all’occupazione” e 3,5 per “politiche attive del lavoro e formazione”. Briciole? Pensiamo proprio di sì.

Ed è proprio questa bozza, quella che l’ex capo della Bce vuole rivedere, modificandone alcuni aspetti. L’obiettivo? Uno sfoltimento e una semplificazione tali da dar vita ad un documento asciutto, articolato in pochi punti di azione, scanditi da un cronoprogramma preciso e coperture puntuali.

Ma in Draghi c’è anche l’idea trainante che col «Next Generation Eu», di cui il Recovery è parte, i giovani, la scuola, l’università, la ricerca, le politiche attive del lavoro con più formazione e competenze digitali, devono essere al centro: potrebbero essere rivisti alcuni capitoli di spesa rispetto all’ultima bozza del Conte bis.

Va infatti ricordato che il programma NextGenerationEU rivolge la propria attenzione (e dovrebbe rivolgere anche le sue risorse) alla prossima generazione di europei, e cioè proprio a loro, ai giovani. Considerando che in Italia abbiamo un’intera generazione che ha enormi potenzialità ma anche un’enorme difficoltà ad accedere al mondo del lavoro.

Ma cosa significa per l’Italia investire più nel suo futuro?

Semplicemente investire nei giovani, realizzando progetti che abbiano come obiettivo principale quello di favorire l’occupazione giovanile, creando più opportunità e facilitando l’accesso degli stessi nel mondo del lavoro. Ma significa anche combattere tutte quelle forme di precariato poco dignitose e inadeguate che dilagano all’interno del nostro Paese, e che non permettono alle nuove generazioni la possibilità di crearsi un proprio futuro.